Il Mali è uno fra gli stati africani più interessanti dal punto di vista etnografico. Situato alle porte dell'Africa Nera, ma strettamente legato al deserto che ne occupa la maggior parte del suo territorio, questo paese affascina con la magia del suo sontuoso passato e dei suoi sahariani orizzonti. Vi si ritrova l'Africa delle origini dove la vita è rimasta quella di sempre: il miglio pestato ancora nei mortai, l'acqua attinta ai pozzi, il mercato che attira le genti dai villaggi più remoti. Il Mali e' paese in cui oltre venti diverse etnie hanno saputo conservare ciascuna il proprio idioma, i propri costumi e soprattutto l'arcaica nobiltà, non cancellata dai loro fieri sguardi dalla miseria attuale.
A sud della grande ansa formata dal Niger (il terzo fiume d'Africa dopo il Nilo ed il Congo) vive in una terra arida ed assolata, una di queste etnie tra le più enigmatiche dell'intero pianeta: i Dogon. I loro villaggi sono disseminati sull'orlo ed ai piedi della famosa ‘falesia’ di Bandiagara; alta circa 400 metri, questa dirupata parete rocciosa attraversa il Sahel per oltre 200 chilometri. Nel mondo verticale della falesia i Dogon hanno costruito i loro villaggi di fango collegati fra loro da aeree scalette di legno e vertiginosi sentieri; allevano capre e coltivano piccoli orti di terra riportata, strappati spesso faticosamente alla roccia. Grazie all'inacessibilità del loro territorio, i Dogon sono riusciti, nel corso dei secoli, a sottrarsi all'influenza mussulmana prima e coloniale poi, conservando la religione animista e le antiche tradizioni. Questo popolo ritenuto, a torto, sino a trent'anni fa primitivo ed arretrato, si tramanda invece da tempo immemorabile straordinarie conoscenze scientifiche sulla nascita e sul movimento delle stelle.
Visitare i villaggi Dogon significa entrare nel mistero di questo popolo e della sua cultura tramandata gelosamente senza lasciare alcuna traccia scritta. E' senza dubbio un'esperienza dai vasti contenuti culturali ed umani che, da sola, può tranquillamente rappresentare il clou di un viaggio in Mali.
In più, al centro della grande ansa formata dal Niger (fra i villaggi di Bandiagara e Hombori - circa 1200 km dalla capitale Bamako), in una regione semidesertica ricoperta da una secca savana, compaiono all'improvviso come fantasmi, immersi in una dorata foschia, pareti alte fino a 600 metri: sono le “Dolomiti” del Mali. L'erosione ha scolpito nella roccia, attraverso un millenario lavoro, monumenti naturali singolari e grandiosi: compatte muraglie, massicci altipiani, aeree guglie, possenti ed eleganti pilastri. Inconfondibili il grosso blocco dell'Hombori Tondo disteso al sole come un animale pietrificato e le cinque guglie giallo-ocra della “Main de Fatma”.
L'esplorazione di questo massiccio è relativamente recente; se si omettono le antichissime ed incomprensibili (considerate le difficoltà) salite, riuscite agli autoctoni, di cui sono state ritrovate le tracce sulle cime dell'Hombori Tondo e del Suri Tondo, le prime isolate ascensioni, sono state realizzate da alpinisti europei verso il 1920 (Hombori Tondo), mentre la prima spedizione importante in questa regione è senza dubbio quella spagnola del 1975. Da allora numerosi sono gli itinerari, spesso estremamente difficili, realizzati sulle cime più rilevanti da arrampicatori francesi e spagnoli (scarsa fino ad ora la presenza italiana). Tantissime restano però le possibilità, non solo in nuovi itinerari, ma anche in salite di cime ancora vergini, sia nel massiccio del Barkoussou (fra la Main de Fatma e l'Hombori Tondo), sia sulle innumerevoli guglie che si trovano lungo la strada che da Douentza porta a Hombori. La roccia compatta e solidissima si presta perfettamente all'arrampicata che si svolge prevalentemente su lisce placche e su grandi sistemi di fessure. Verticalità e solidità della roccia rendono le salite entusiasmanti, aeree ed atletiche, a volte faticosissime a causa anche dell'elevata temperatura.
In questo ‘eden’ alpinistico, nel novembre del 1992, ho effettuato con un gruppo di amici un interessante trekking alpinistico. Nei cinque giorni operativi, inseriti nella dimensione africana della vita, del tempo e dello spazio, abbiamo realizzato la terza ripetizione e prima italiana di un entusiasmante e stupendo itinerario sul Kaga Tondo (via “Vuelva Usted Manana” - S. Campillo e F. Levi, 1988/89; disl. 450 m; diff. ED, 6b - A2e) e l'apertura di un nuovo itinerario su una cima, non ancora salita, sul massiccio del Naama.
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